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A settanta miglia di distanza, il comandante Toshio Yubari, un omone robusto con il volto segnato dalle vicissitudini, nella piena vigoria dei suoi quarant'anni, sedeva eretto sul ponte della sua nave, e seguiva con attenzione il traffico dei natanti di piccola stazza che costellavano l'acqua tutt'intorno. La marea calava e la nave-mercantile Honjo Maru, lunga circa duecento metri, avanzava alla velocità costante di quindici nodi. Yubari aveva deciso di attendere, per aumentarla a venti, dopo che la sua nave avesse doppiato l'isola di capo Breton.
La Honjo Maru aveva trasportato da Kobe, in Giappone, quattrocento minivetture elettriche nuove e, sulla rotta di ritorno, trasportava un carico di carta da giornale uscita dalle grandi cartiere di Quebec. I giganteschi rotoli che riempivano i container erano assai più pesanti, per unità di volume, delle minuscole automobili e lo scafo viaggiava basso sull'acqua, a sette centimetri appena dalla linea di galleggiamento.
Shigaharu Sakai, il primo ufficiale, uscì dalla timoniera e si fermò accanto al comandante. Soffocò uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi arrossati.
«Si è divertito stanotte, a terra?» chiese sorridendo Yubari.
Sakai mormorò qualcosa d'incomprensibile in risposta e cambiò argomento.
«Buon per noi che non abbiamo salpato di domenica», disse, indicando con il capo una flottiglia d'imbarcazioni sportive a vela che gareggiavano lungo una rotta segnata da gavitelli, a poco più di un miglio dalla loro prua, sulla dritta.
«Sì, mi hanno raccontato che durante il fine settimana il traffico è così intenso che si potrebbe quasi andare da una riva all'altra camminando sui panfili.»
«Vuole che rimanga io di guardia sul ponte, comandante, mentre lei si gusta in pace il pasto di mezzogiorno?»
«Grazie, ma preferisco restare qui fin quando non sboccheremo nel Golfo», rispose Yubari seguitando a guardare davanti a sé. «Comunque chieda al cambusiere di portarmi una ciotola di tagliolini e una birra.»
Sakai stava già per allontanarsi, ma si fermò a metà movimento, indicando un punto più a valle. «Sta arrivando un tale che dev'essere molto ardito o molto incosciente.»
Yubari aveva già avvistato l'idroplano e lo guardava con l'ammirazione tipica degli uomini affascinati dalla velocità. «Quello lì deve fare poco meno di novanta nodi.»
«Se finisce contro uno di quei cutter, non ne rimarrà abbastanza da ricavarne un paio di stuzzicadenti.»
Yubari si alzò in piedi. «Quel pazzo punta diritto su di loro.»
L'idroplano caricò nel folto della massa come un coyote tra un branco di polli. Gli equipaggi delle barche a vela straorzarono alla disperata in tutte le direzioni, perdendo il vento, quindi le vele spiegate si afflosciarono di colpo e incominciarono a sbattere.
L'inevitabile accadde quando l'idroplano investì di prua un panfilo, strappandogli via la livarda e perdendo a propria volta metà del parabrezza. Poi, di nuovo libero, lasciò dietro di sé la flottiglia sparpagliata che rollava pesantemente nella sua scia spumeggiante.
Yubari e Sakai non riuscivano a staccare gli occhi, come incantati, dai grotteschi balzi del natante che, compiendo una brusca orzata, si dirigeva verso la Honjo Maru. Ormai era così vicino che i due uomini riuscivano a distinguere una figura rannicchiata sopra il volante, nella cabina di guida.
Dopo che la livarda del panfilo ebbe strappato via il parabrezza, si resero improvvisamente conto che il pilota doveva essere rimasto ferito. Non c'era tempo per lanciare ordini a voce o per azionare la sirena. Non ci fu nemmeno il tempo, per Yubari e Sakai, di fare alcunché: se ne stettero inchiodati sul ponte, impotenti come un pedone all'angolo d'una strada, consapevole dell'inevitabile incidente e della propria incapacità d'intervenire per impedirlo. Si scansarono per istinto, chinandosi, nel momento in cui l'idroplano andò a fracassarsi contro il baglio di sinistra della Honjo Maru ed esplose immediatamente in una cortina di fiamme alimentate dalla benzina che usciva a fiotti dal serbatoio. L'idroplano volò alto nell'aria prima di ricadere, fracassandosi, sul castello di prua della nave-mercantile. Rottami incandescenti colpirono il ponte in tutta la sua lunghezza, come schegge di shrapnel. Quasi tutte le finestre della timoniera andarono in pezzi. La pioggia ardente continuò a cadere dall'alto per parecchi secondi, sulla nave e sulle acque circostanti.
Fu un miracolo che nessuno, a bordo, restasse ferito. Yubari ordinò di fermare le macchine e fece calare una scialuppa perché perlustrasse la zona del fiume, a poppavia, dove una chiazza di nafta stava salendo a galla dal fondo e si allargava sulle lunghe onde. Tutto ciò che trovarono del pilota dell'idroplano furono un giubbotto di cuoio semicarbonizzato e un paio di occhialoni di plastica rotti.